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Il ramo ets dell’ente ecclesiastico

Il ramo ets dell’ente ecclesiastico

Per gestire scuole, strutture assistenziali e di accoglienza, case per ferie, attività educative e caritative…
L’ente religioso civilmente riconosciuto (tra cui Diocesi, Parrocchie, Fondazioni di culto, Istituto religiosi, Congregazioni…) può istituire un “ramo ets” per fruire delle norme del Codice del Terzo Settore (d.lgs. n. 117/2017), con riferimento alle attività di interesse generale svolte.
Tra le attività di interesse generale, di cui all’art. 5 CTS, rientrano certamente numerose “opere” proprie degli enti ecclesiastici, come la gestione di scuole paritarie e di strutture e servizi socio-assistenziali, le attività caritative e solidaristiche, l’accoglienza dei migranti, le attività turistiche di interesse sociale, culturale e religioso, le iniziative culturali, educative, ricreative….
Istituendo il “ramo ets” l’ente ecclesiastico non costituisce un nuovo soggetto giuridico, ma regolamenta una parte delle proprie attività (a cui si applicano le agevolazioni e gli obblighi previsti per gli ets).

Per istituire il “ramo ets” (art. 4 c. 3 CTS) l’ente ecclesiastico deve:

  1. acquisire le necessarie autorizzazioni canoniche;
  2. adottare un regolamento ad hoc per il ramo ets, nella forma della scrittura privata autenticata o dell’atto pubblico, che recepisca le norme del CTS;
  3. costituire un patrimonio destinato al ramo ets;
  4. iscrivere il ramo ets nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS).

La Conferenza Episcopale Italiana (CEI) nel 2022 ha pubblicato un regolamento tipo del ramo ets dell’ente ecclesiastico, approvato dal Ministero del Lavoro ai sensi e per gli effetti di cui all’ art. 47 c. 5 del CTS.
Il “ramo ets” può avere governance e rappresentanza diverse da quella dell’ente ecclesiastico, affidate anche ad un organo monocratico (un “amministratore unico”).
L’ente deve tenere separatamente le scritture contabili del ramo ets (art. 4 c. 3 CTS).
Il patrimonio destinato al ramo ets (che può essere costituito anche solo con danaro e/o beni mobili) deve risultare dal regolamento del ramo o da un atto distinto ad esso allegato. Ai sensi dell’art. 4 c. 3 del CTS, i creditori del ramo non possono aggredire il patrimonio dell’ente e i creditori dell’ente non possono aggredire il patrimonio del ramo (effetto segregativo). Il ramo non può girare eventuali avanzi di gestione all’ente, stante il divieto di distribuire utili proprio degli ets (art. 8 CTS).

L’eventuale cessazione delle attività del ramo ets o l’uscita del ramo dal Runts (pur continuando l’ente a svolgere le attività già comprese nel ramo) comporta per l’ente la necessità di devolvere ad un ets la parte di patrimonio del ramo incrementata nel periodo di iscrizione al Runts.
Pur in assenza (ancora!!!) dell’ autorizzazione della Commissione europea, necessaria per la completa entrata in vigore della parte fiscale del CTS (ex art. 101 c. 10 CTS), per molti enti ecclesiastici la possibilità di costituire il ramo ets è già oggi un’opportunità concreta per fruire di agevolazioni e vantaggi (accesso a iniziative promozionali, 5×1000…).

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