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I Centri estivi 2020 e la disciplina anti-contagio da COVID-19: adempimenti e responsabilità

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I Centri estivi 2020 e la disciplina anti-contagio da COVID-19: adempimenti e responsabilità

Premessa: il quadro normativo della fase post look down.

Con il Decreto legge 33 del 2020 è stato disciplinato il superamento delle limitazioni agli spostamenti, l’aggiornamento dei comportamenti anti contagio e la riapertura delle attività produttive, commerciali, sociali a partire dal 18 maggio e fino al 31 luglio.
Con il successivo e conseguente DPCM 17 maggio 2020, sono state definite le misure di prevenzione e contenimento per la convivenza con il coronavirus.
Dunque, il D.L. 33/2020 ed il DPCM 17 maggio 2020 hanno aggiornato le misure di contenimento del Coronavirus in vigore in tutto il Paese aprendo alla fase post look down.

In generale, con riferimento alle attività economiche, produttive e sociali, è previsto che esse devono svolgersi “nel rispetto dei contenuti di protocolli o linee guida idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in ambiti analoghi, adottati dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali”. Sul punto, è espressamente previsto che, in assenza di quelli regionali, trovano applicazione i protocolli o le linee guida adottati a livello nazionale.

 

I. Sanzioni e controlli:

Con riferimento alla violazione delle misure di contenimento, viene confermato l’impianto di cui al precedente D.L. 19 del 2020, all’insegna dell’impiego, in prima battuta, di sanzioni di tipo amministrativo.

In effetti, con riferimento alle ‘Sanzioni e controlli’, è stabilito che salvo che il fatto costituisca reato diverso da quello di cui all’articolo 650 del codice penale (inosservanza dei provvedimenti dell’autorità, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 206), le violazioni delle disposizioni del Dl 33/2020, del DPCM 17 maggio 2020 e dei provvedimenti successivi riferiti al medesimo Dl 33, sono punite con la sanzione amministrativa prevista dal Dl 19/2020, variabile da 400 a 3.000 euro. Se la violazione è commessa nell’esercizio di un’attività’ di impresa, si applica anche la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività’ da 5 a 30 giorni. All’atto dell’accertamento può essere disposta la chiusura provvisoria dell’attività o dell’esercizio per un periodo non superiore a 5 giorni. Per le violazioni commesse riguardo ai divieti di mobilità delle persone positive al virus è applicabile, salvo che il fatto costituisca più grave reato, l’arresto da 3 mesi a 18 mesi e un’ ammenda da 500 a 5.000 euro. Le sanzioni per le violazioni delle misure disposte da autorità statali sono irrogate dal Prefetto, mentre quelle per le violazioni delle misure disposte da autorità regionali e locali sono irrogate dalle autorità che le hanno disposte (Governatore, Sindaco).

La sanzione penale è confermata per la (sola) violazione del divieto di allontanamento della propria abitazione o dimora da parte di chi è sottoposto alla misura della quarantena per provvedimento dell’autorità sanitaria in quanto risultato positivo al virus COVID-19, previsto dall’art. 1, comma 6; in tal caso, “salvo che il fatto costituisca violazione dell’articolo 452 del codice penale o comunque più grave”, si applica la fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 260 r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, che commina l’arresto da 3 mesi a 18 mesi e l’ammenda da 500 a 5.000 euro.

In verità, i profili di responsabilità penale possono essere altri e ben più gravi. Sul punto è necessario fare un richiamo all’eventuale responsabilità penale del datore di lavoro ovvero  nel caso in cui, avvenga il contagio di un lavoratore, di un cliente, o, ancora, di un utente.

Si tratta di una questione che è stata molto dibattuta in questi ultimi giorni per i risvolti e le conseguenze. Si deve fare, qui, richiamo all’equiparazione della causa virulenta (contagio) alla causa violenta come infortunio sul lavoro (si rinvia alla previsione di cui all’art. 42 comma 2 del d.l. 18/2020 e, da ultimo, alla circolare Inail 22/2020).

In effetti, l’equiparazione del contagio all’infortunio apre inevitabilmente una prospettiva di responsabilità nei confronti del Datore di Lavoro. In questo caso, valgono – dovrebbero valere – le regole generali di imputazione del fatto all’agente, ovvero il verificarsi di un evento (nel caso di specie, di lesioni personali o decesso), causalmente ricollegabile alla condotta dell’agente (una prova pressoché diabolica, salvo casi eclatanti), con l’accertamento di un coefficiente soggettivo, del dolo o, come è più ragionevole ritenere in casi del genere, della colpa.

A tal proposito, è indubbia l’importanza dei protocolli e delle linee guida, regionali o nazionali, il cui scrupoloso rispetto, da parte del datore di lavoro/gestore, escluderà nei suoi confronti un rimprovero per colpa. Al contrario, il mancato rispetto delle prescrizioni previste dai protocolli espone il Datore di lavoro a responsabilità penale (lesioni o omicidio) e civile per risarcimento danni.

Per tutto quanto sopra, le raccomandazioni espresse con la circolare Inail 22/2020, dove viene escluso un automatismo tra copertura assicurativa per ‘infortunio’ ed avvio dell’azione di ‘rivalsa’ che avviene solo con il rinvio a giudizio dell’interessato, non sono risolutive e tranquillizzanti.
Sul punto, è in corso il dibattito parlamentare che, in sede di conversione del dl Liquidità, prevede un emendamento in virtù del quale “Ai fini della tutela contro il rischio di contagio da SARS-cOv-2, datori di lavoro pubblici e privati adempiono all’obbligo di cui all’articolo 2087 del codice civile mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile …, e negli altri protocolli e linee guida di cui all’articolo 1, comma 14, del decreto legge 16 maggio 2020, n.33, nonché mediante l’adozione e il mantenimento delle misure ivi previste”.

 

II. La attività dei centri estivi:

Per quanto riguarda il tema specifico dei centri estivi, in allegato al DPCM è stato emanato il protocollo contenente prescrizioni specifiche alle quali ci si deve attenere in modo cogente. In particolare, trattasi dell’allegato n. 8 del nuovo Dpcm 17.5.2020 contenente le linee guida per la gestione in sicurezza delle attività pensate per la socialità ed il gioco di bambini ed adolescenti nella fase 2 dell’emergenza Covid-19.

Con riferimento alla Regione Emilia-Romagna, le misure sono integrate dall’ordinanza del presidente della Giunta n. 82 del 17 maggio 2020. Si tratta di un provvedimento di portata generale, che affronta anche la tematica dei centri estivi. In particolare, risulta che nella regione dall’8 giugno 2020 sono consentite le attività dei centri estivi e le attività per i minori di età superiore ad anni tre, previa adozione di specifico protocollo regionale e nel rispetto dei principi contenuti nelle linee guida nazionali.

Sotto questo profilo, sono poi i comuni, d’intesa con i gestori, a dover dare seguito all’iter per l’effettiva riapertura.

 

III. Le linee guida nazionali:

Come detto, all. 8 al DPCM 23 maggio 2020 sono state pubblicate le linee guida relative alle “Attività ludico-ricreative – centri estivi – per i bambini d’età superiore ai 3 anni e gli adolescenti con la presenza di operatori addetti alla loro conduzione utilizzando le potenzialità di accoglienza di spazi per l’infanzia e delle scuole o altri ambienti similari (ludoteche, centri per famiglie, oratori, ecc.)”.

Viste le prescrizioni di ‘dettaglio’ Si riporta, qui di seguito, il testo integrale delle linee nazionali:

L’utilizzo di sedi ordinariamente ospitanti i servizi educativi per l’infanzia e le scuole per realizzare i centri estivi che offrano un programma di attività ludico-ricreative, nel periodo estivo in cui gli stessi servizi educativi e scuole prevedono una fase di chiusura, ha una tradizione molto forte e radicata in numerosissime realtà locali.

Le sedi di servizi educativi e di scuole maggiormente utilizzate per questo scopo sono naturalmente quelle che sono dotate di un generoso spazio verde dedicato poiché questo consente di realizzare attività anche all’aperto e diverse da quelle che caratterizzano l’attività didattica che si svolge durante il calendario scolastico.

Non è naturalmente esclusa la possibilità di utilizzare anche altre sedi similari, a patto che le stesse offrano le medesime funzionalità necessarie, in termini di spazi per le attività all’interno e all’esterno, servizi igienici, spazi per servizi generali e per il supporto alla preparazione e distribuzione di pasti.

In generale, il progetto delle attività offerte predilige il riferimento ad attività ludiche che consentano di utilizzare il tempo della giornata in modo disteso e piacevole.

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I progetti potranno essere realizzati dagli enti interessati, dai soggetti gestori da questi individuati, nonché da organizzazioni ed enti del Terzo Settore.

Si intende che il progetto di attività sia elaborato dal gestore ricomprendendo la relativa assunzione di responsabilità, condivisa con le famiglie, nei confronti dei bambini e degli adolescenti accolti, anche considerando il particolare momento di emergenza sanitaria in corso.

Gli aspetti presi in considerazione riguardano:

1) l’accessibilità; 2) gli standard per il rapporto fra bambini ed adolescenti accolti e lo spazio disponibile; 3) gli standard per il rapporto numerico fra il personale ed i bambini ed adolescenti, e le strategie generali per il distanziamento fisico; 4) i principi generali d’igiene e pulizia; 5) i criteri di selezione del personale e di formazione degli operatori; 6) gli orientamenti generali per la programmazione delle attività e di stabilità nel tempo della relazione fra gli operatori ed i gruppi di bambini ed adolescenti; 7) l’accesso quotidiano, le modalità di accompagnamento e di ritiro dei bambini ed adolescenti; 8) i triage in accoglienza; 9) il progetto organizzativo del servizio offerto; 10) le attenzioni speciali per l’accoglienza di bambini ed adolescenti con disabilità.

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